lunedì 24 gennaio 2011

E i "Le faremo sapere", Più precario di questo non si può.

Dopo una settimana di giustificata assenza (i miei impegni precari mi impongono, per qualche giorno/settimana, di allontanarmi da queste pagine per un po'...altrimenti non si chiamerebbero "Diari Precari"!), eccomi di ritorno a rimpizzare di parole (inutili o utili, dettagli) questo blog. Avevo promesso a voi tutti un post dedicato proprio ai colloqui di lavoro, anche perchè è un'esperienza che ultimamente occupa la maggior parte del mio tempo.

Il mio tipico abbigliamento? Nah!
Partiamo da un presupposto: detesto i colloqui per natura. La mia indole schiva e insicura detesta mettersi a confronto con altri esseri umani che sono pagati (nel caso si parli di selezionatori del personale...manco fossimo bestie, Cristo!) per cogliere ogni tuo movimento del labbro, del mento, ogni tua incertezza nelle tue dannate parole, ogni tuo svariato cazzo che possa far credere loro: "ah, sì, questo va bene, questo va male". Tutti dei novelli dr.  Call Lightman, che devono fotterti o che devono promuoverti. Maledetti. Nel mio passato, di colloqui ne ho fatti diversi, come vi dicevo. Mi sono sempre tirata a lucido, spolverando capi del mio armadio seppelliti in qualche angolo remoto perchè inutilizzati, indossando scarpe scomode e cercando di contenere in qualche modo la mia insignificante capigliatura. Indossavo persino le lenti a contatto, quasi come se dai miei occhi potesse trasparire un "Vi prego, assumetemi, sono la donna che fa per voi!". Mi sono resa conto che questa tecnica, il più delle volte, è una totale perdita di tempo, soprattutto quando per arrivare alla tua destinazione del colloquio (solitamente un'ora di distanza da casa tua, minimo) devi attraversare città, paesi e strade infinite su mezzi di trasporto tutt'altro che comodi, come ad esempio il treno (di questo periodo, con il riscaldamento sparato a temperature equatoriali) e la metropolitana, noto ambiente lurido. E, ovviamente, il più delle volte, queste traversate transoceaniche sono accompagnate da almeno qualche kilometro a piedi (da uno a 4/5 km). I tuoi vani tentativi di renderti presentabile agli occhi di qualche selezionatore/papabile datore di lavoro vanno a farsi benedire nel giro dei successivi venti minuti della tua uscita di casa. E poi, diciamocelo. Sono pigra, pigrissima. Non essendo già di mio una campionessa del make-up e della cura corpo (è una cosa che mi secca ammetterlo, ma sono l'antitesi delle donne curate), immaginate il supplizio a cui devo sottopormi tutte le volte che devo rendermi diversa dalla mia tenuta da Pina Fantozzi.

Lo scorso lunedì ho preferito andare oltre il clichè tipico da colloquio. Mi sono detta: va bene, anche l'occhio vuole la sua parte, ma alla fine chi ti assume deve capire innanzitutto di che pasta sei fatta. Per questo motivo, ho deciso di essere me stessa in tutti i sensi, anche e soprattutto a partire dall'abbigliamento: qualcosa di confortevole ma al tempo stesso curato, il giusto accessorio per non sembrare un albero di Natale 2.0 e...i miei immancabili occhiali dalla montatura rossa spessa. Chissenefrega delle lenti a contatto, io li trovo adorabili ed è una parte di me imprescindibile (non per niente, la maggior parte delle persone che mi conosce mi ricorda soprattutto per i miei occhiali). Mi sono messa in macchina (prestata per l'occasione dal mio ragazzo) un'ora prima, anche se il tragitto casa mia-luogo del colloquio sono 20 minuti di auto (vivo con l'ansia di arrivare tardi e non trovare parcheggio...non vi avevo accennato alle mie fobie cretine?). Ho parcheggiato, ho messaggiato/letto mail dal cellulare ad una fermata dell'autobus fuori dall'immenso edificio per evitare di pensare a tutto. Nel frattempo mi sono mangiata parte del mio labbro inferiore, ma questi sono dettagli. Mi sono fatta inondare dal sole milanese presente per l'occasione (finalmente un po' di tempo decente, cazzarola!) e. Ok, ci siamo, ora X.

Nel mio tragitto in ascensore, penso di aver perso un paio di chili in pensieri. Ho svuotato il cervello, ho controllato di non avere le mie detestabili mani fredde/sudate e sono entrata nella sala colloqui. A quel punto mi sono detta: "Me la sto giocando seriamente, diamoci da fare". Ho cercato di mantenere calma apparente per tutto il corso del mio colloquio: battute, sorrisi, sincerità. Non ho fatto quelle ruffianate da finto simpatico tipico del buon "precario sotto colloquio", per intenderci. Ho ascoltato, ho parlato finchè la mia lingua non si è seccata e non mi ha chiesto pietà. Ma ho mantenuto fede alla mia promessa: essere se stessi, fino in fondo, non fingere di essere qualcun'altro. Dopo che mi sono stati spiegati i dettagli dell'offerta, ho sorriso e ho atteso la fatidica frase "Le faremo sapere". Per quanto sia uscita soddisfatta da quella saletta angusta (in cui, sono convinta, c'è qualche dannata telecamera per controllare i tuoi movimenti), avevo quella spada di Damocle sopra il cranio. Le faremo sapere. Le faremo sapere. Le faremo sapere. Le faremo sapere. Le faremo sapere. Le faremo sapere. Le faremo sapere. Le faremo sapere. Le faremo sapere. Le faremo sapere. Le faremo sapere. Le faremo sapere. 

CHEPPALLE. Dopo telefonate di rito a fidanzame, genitori e sorella, mi sono rimessa in macchina in un mix di contentezza e incertezza. Le faremo sapere. Le faremo sapere.Ok, ma quando? Le faremo sapere. Le faremo sapere.Sì, ma c'è una qualche remota possibilità? Le faremo sapere. Le faremo sapere. E vabbè, fancù! Ho atteso una settimana intera, chiudendo al più presto telefonate con il mondo dicendo "Scusa, ma se mi chiamano hanno il numero privato e non mi arriva l'essemmesse che mi hanno chiamato e...non vorrei che mi chiamino proprio in questo istante in cui sto parlando con te...". Paranoia. Bene, mi hanno chiamato proprio mentre stavo scrivendo questo post: mi hanno presa! Ovviamente, stage formativo (ma retribuito) però con la possibilità di inserimento. Perchè, su questo devo essere sincera, nel colloquio precedente a quello della scorsa settimana, mi avevano dato tre opzioni, specificandomi in quale avrei fatto esclusivamente la galoppina per accumulare esperienza (e dopo i sei mesi, vaffanculo) e in quale avrei trovato uno spiraglio di inserimento allo scadere dello stage. Secondo voi, quale ho scelto?

Rimango ovviamente precaria, signori, quindi questo blog DEVE PERPETUARE la sua esistenza, anche perchè ci sono tante altre cose di cui discutere, come proprio la fase colloquio con domande di rito e quant'altro a cui vale la pena dare attenzione. E poi, ricordate, i famosi invidiosi? Quelli sono una parte imprescindibile della tua vita precaria, vanno analizzati per bene.

Per il momento mi congedo.

 

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