lunedì 12 marzo 2012

Un nuovo (e precario) inizio. Di ricerca di lavoro precario, s'intende.

Perchè noi precari la prendiamo così.
Ho buttato l'occhio alla data del mio ultimo aggiornamento di questo blog: 25 gennaio 2011. E' passato più di un anno, il che vuol dire che per un anno circa sono stata occupata in uno stesso posto. Azz!

Un posto incredibile, devo essere onesta, sotto tantissimi punti di vista. Incredibile in senso positivo, perchè ho avuto l'occasione per oltre un anno di dare libero sfogo alla mia creatività, di sentirmi parte di un progetto VERO, di ricevere l'affetto, la collaborazione e il sostegno di un intero ufficio, di aver trovato un lavoro interessante e da cui difficilmente mi sarei separata. Insomma, mica cazzi. E poi c'è l'incredibile in senso negativo. Il rovescio della medaglia che, volente o nolente, c'è in tutte le cose: il guardarsi intorno e vedere una grande azienda che non investe sulle teste fresche, che ti asciuga per poi buttarti insieme agli scatoloni, dove sei un maledetto e inutile numero, dove vieni mandato a casa per far "quadrare i conti" e non perchè sei un incompetente. Perchè almeno, in quel caso, capisci che il problema è il tuo limite mentale.

Negli ultimi mesi, da quando mi è stato comunicato che non mi sarebbe stato rinnovato il contratto, non nego di aver trascorso uno dei periodi più allucinanti della mia vita lavorativa: è un po' come quando, da piccoli, ti viene dato un gioco meraviglioso, te lo spupazzi, ci dormi la notte, diventa parte di te...e poi si rompe, in mille pezzi. Non sarà più tuo, it's gone. E' una sensazione di vuoto, mista a rabbia. Cerchi di fartene una ragione, ma al tuo cospetto si presentano una serie di motivazioni che non riescono a farti compiere quel percorso: ricollocamento di persone che non hanno un cazzo da fare, ma che ...beh, hanno un contratto a tempo indeterminato e non puoi mandarle a casa. D'accordo, sarebbe ingiusto mandare a casa un lavoratore perchè l'azienda non gli ha dato più niente da fare per anni. A parte uno stipendio, anche dignitoso. E così la persona che dovranno ricollocare è quella che, CASO, ti sciatta la sedia da sotto il culo, dopo che comunque hai fatto il tuo percorso, ti sei vista crescere e sei diventata parte integrante di un bel team di lavoro.

Puff!

Ma così come me tanti altri giovani lavoratori, eh. Non voglio fare la martire, è solo lo specchio di una realtà disgustosa di cui parlo a ruota libera. E che ti lascia, oltre all'amarezza, anche un vuoto interiore incolmabile. Ma che ve lo dico a fare.

E dunque, eccomi di nuovo qui, alla ricerca di qualcos'altro. La mia giornata tipo? Non distacca da quanto raccontato qui, con la differenza che magari non gioco a Street Fighter IV e che quando mi alzo la mattina non mi piango addosso. Rispetto ad un anno fa, ho la consapevolezza che non è il mondo ad avercela con una povera laureata in stronzologia - come giustamente ha fatto notare Nina Zilli...che poi, da che pulpito... - ma che è solo questione di tempistiche. Ho maturato una certa idea, un po' fatalista, della situazione. Se non è ancora accaduto, è perchè forse c'è qualcosa di meglio ad attendermi.

Se il periodo è duro, io sono più dura di lui. Di esso. Sì, insomma, quella cosa lì.

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